1998
            CHANSON DE BILITIS
            Musiche di Debussy, al flauto Marzio Conti
            Le Chansons de Bilitis per voce recitante, flauto e pianoforte, su  testi di Pierre Louys, furono scritte intorno al 1900 e possono essere  considerate opera di erudizione squisita e di conoscenza filologica profonda  più che di vera poesia. Furono pubblicate da Pierre Louys  nel 1984 ed erano, secondo una sua finzione,  liriche greche risalenti al tempo di Saffo e ritrovate su una iscrizione da un  archeologo tedesco. In realtà lo stesso poeta aveva scritto di propria mano  tali liriche rifacendosi però, piuttosto allo stile alessandrino di Meleagro;  queste rievocavano la storia di Bilitis, una cortigiana vissuta nel IV secolo  a. C.,  Debussy aveva  composto nel 1987 delle melodie usando alcune  di queste liriche: “la flaute de Pan”, “La Chevelure”, “Le tombeau de Naiades”. Nell’autunno  1900 Pierre Louys chiese a Debussy di scrivere le musiche di scena per  accompagnare le Chansons de Bilitis in uno spettacolo che doveva aver luogo presso la sala “du Journal”. Debussy  accetta l’incarico e si accinge a mettere in musicale liriche di Louys che furono  rappresentate il 7 febbraio del 1901. Il manoscritto di Debussy andò presto  perduto e solo Leon Vallas, biografo del musicista francese, riceverà più tardi,  per mano della moglie di Debussy, le parti separate dei flauti e delle arpe che  avevano accompagnato  i poemi di Louys;  la parte della celeste fu in seguito ricostruita da Arthur Hoeree (versione  originale).
In questo lavoro Debussy  realizza un trattamento della voce assai originale, che si attua attraverso una  declamazione musicale sillabica, assai scarna, priva di slanci melodici, più  incline ad una sorta di lamento, interrotto esclusivamente da piccole  inflessioni e da frequenti pause. Preoccupazione centrale è qui, dunque, la  voce, che diviene punto catalizzatore cui gli strumenti si adeguano sostenendola  e sottolineandola, senza mai prevaricarla, ma creando un’atmosfera di  leggerezza, di evanescenza, di squisita eleganza.