Curva Cieca
1992
Festival delle Ville Tuscolane
CURVA CIECA
Autore Edoardo Erba
Regia di Pamela Villoresi
Musiche originali di Luciano Vavolo
Interpreti Franco Castellano, Sabina Vannucchi, Pamela Villoresi (Ilse Hubach), Bruno Armando, Susanna Marcomeni, Edoardo Erba, Mario Sala
Prima rappresentazione Frascati, “Festival delle Ville Tuscolane”, 26 giugno - 26 luglio 1992, I ed.
Trasmesso da RADIORAI nel ’92

Di Varzi si ricordano solo gli appassionati di automobilismo. Tutti, di quegli anni, ricordano invece Nuvolari, un eroe popolare e bellissimo, che si faceva ingessare sula moto pur di correre. Varzi era il suo rivale. Ma forse, nel pilota di Galliate, più stile, più precisione e più versatilità che nel grande mantovano.
Nel 1934, al culmine della carriera, Varzi viene preferito a Nuvolari dall’Auto Union, la casa tedesca  che aveva creato la prima straordinaria monoposto col motore posteriore. Potrebbe essere il primo definitivo passaggio alla leggenda sportiva, ma l’incontro con una donna, Ilse, la giovane moglie di un compagno di squadra, segna invece il suo fatale declino. Ilse è morfinomane e Varzi, insieme al lei, lo diventa presto. A separarli, alla fine, in nome del buon senso, congiureranno tutti: compagni di squadra, amici, familiari, perfino i due regimi fascista e nazista, preoccupati che lo scandalo possa diventare troppo imbarazzante. Ma la violenza dell’amore tra Ilse e Varzi porta comunque ad uno sbocco tragico: lei tenta il suicidio in Germania. Lui invece sembra riprendersi, sposa Norma, la fidanzata storica e passa la guerra a disintossicarsi. Ma nella prima corsa importante del dopoguerra, nello stesso circuito dove era nato il suo amore per Ilse, esce lentamente da una curva, si rovescia e muore. Ho letto questa storia nella ricostruzione/inchiesta del mio amico Giorgio Terruzzi, l’ho raccontata a Pamela Villoresi. Mi ha stimolato a scriverla perché il messaggio di Ilse l’ha entusiasmata. Avevamo la stessa la stessa idea, vedevamo Ilse al centro della vicenda. Vedevamo una donna che nel momento del massimo orgoglio tedesco, non essendo ebrea né comunista, sente la tensione verso la morte come unica via d’uscita da un disagio esistenziale insopportabile. E vedevamo un uomo di non comuni qualità, che sceglie l’amore, che manda a rotoli la sua carriera per una donna. Ci sembravano, con le loro contraddizioni, due eroi positivi in questo scorcio di secolo di passioni frenate, di calcoli di bottega, di mediocrità dilagante. Così mi sono messo a scrivere una vicenda che ha la stessa forza inconscia di un sogno. Nel cuore di Ilse e Achille ho scoperto due possibilità: o la realtà è quella che loro stanno vivendo, e il resto è un’illusione, o la realtà è l’altra, allora è un sogno il loro amore estremo. La droga in questo senso è solo la voglia di render veloce il viaggio e impossibile il ritorno. Mentre scrivo questi pochi appunti sto ancora lavorando al testo. Ne sta uscendo un lavoro dal ritmo secco, dal suono allarmante. I personaggi minori portano nel dramma la forza della loro comicità. Ma Ilse e Achille sono lì, tragici, enigmatici, a riproporci una domanda cui non sappiamo rispondere. Edoardo Erba